Chi di voi non ha mai assaggiato questo squisito e sfizioso dolce tipicamente natalizio?
Nonostante l’utilizzo di ingredienti semplici (uova, strutto, zucchero, farina, scorza di arancia e limone, rum, miele, canditi e confettini colorati dalla forma sferica detti “diavulilli”), il metodo di lavorazione, dall’impasto alla realizzazione dello “struffolo”, ne fanno un dolce speciale alla vista e una delizia esagerata per il palato!
Ma quali sono le origini degli struffoli? In molti ne attribuiscono la paternità a Napoli, dove questo dolce va per la maggiore durante le festività natalizie. Invece dobbiamo tornare indietro nel tempo di parecchi secoli!
Furono i Greci a importarli dalla madre patria in Italia, nella neonata Partenope (denominazione data a Napoli dai primi colonizzatori cumani di origine greca).
“Struffolo” deriverebbe dal greco στρόγγυλος (stróngylos) che significa "dalla forma arrotondata".
La riprova dell’etimologia del nome sta in un primo piatto, lo strangolaprete, uno gnocchetto molto compatto il cui simpatico nome (un tipo di pasta in grado di “strozzare” gli avidi membri del clero) deriverebbe sempre dal greco “strongoulos pristòs”, cioè una pallina rotonda tagliata (pristòs).
Azzardando, si potrebbe anche confrontare la radice del nome struffolo con il termine “strusla”, derivato dall’antica lingua umbra. La strusla era un antico dolce collegato a rituali sacrificali: il suo significato starebbe per "mucchio", probabile riferimento alla disposizione delle palline di pasta, ammucchiate le une sulle altre.
La tradizione degli struffoli si è diffusa col tempo in varie zone del centro e del meridione della nostra penisola, dove il dolce ha assunto nomi diversi e viene consumato anche nel periodo del Carnevale.
In Umbria, Marche, Abruzzo e Molise si gusta la cicerchiata, così come in Sicilia è tradizione assaporare la ‘mpagnuccata (pagnuccata o pignolata).
In alcuni casi gli struffoli hanno conservato il nome originale modificando però il loro aspetto: in Lazio, nella zona del viterbese, per “struffoli” si intendono delle palline di pasta fritta di dimensioni abbastanza grosse e cosparse di zucchero che arricchiscono le tavole nel periodo del Carnevale.
E ancora nel sud Italia, in Basilicata e Calabria, non mancano sulle tavole le cicerate, realizzate, come gli struffoli napoletani, nel periodo natalizio.
Dolci simili sono presenti anche nella cucina greca e non mancano riferimenti in quella spagnola, dove la tradizione culinaria è legata a quella napoletana a causa della lunga dominazione sulla città campana.
Le immagini che scorro in alto sulla pagina, illustrano la preparazione degli struffoli napoletani: dalla lavorazione dell'impasto, al taglio per ottenere il prelibato struffolo, alla cottura nell'olio bollente.
L’ultima fase prevede il condimento delle palline fritte, ripassate in abbondante miele unito allo zucchero e rifinite da una pioggia di diavolini e canditi!
Non resta che augurarvi…
Buon Anno e buoni struffoli a tutti!
A fa' ‘e struffoli è nu sfizio. Cumminciamm dall’inizio:
faje na pasta sopraffina, e po’ tagliala a palline,
cu na bona nfarinata. Dopp’a frje. Già t’e stancate?
Chest è a parte chiù importante! Mò ce vo’: miele abbondante
e na granda cucuzzata (a cocozza nzuccherata).
N’è fernuto ancora, aspiette! S’anna mettere ‘e cunfiette:
aggrazziate, piccerille, culurate: ‘e diavulille…
Ma qua nfierno, è Paraviso! Iamme, falle nu’ surriso!
Comme dice? “Mamma mia, stanne troppi ccalurie
so’ pesante, fanno male?” Si va buò,ma è Natale!
(Poesia tratta dal sito www.struffoli.it)
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